Pubblicherò di tanto in tanto in questa sezione chiamata Frammenti alcuni episodi dal mio Diario di una Stronza, antecedenti agli episodi di C’era una volta una Stronza in Canadà e pubblicati un anno fa.
Venerdì pomeriggio sono con Sara a prendere un aperitivo in un noto locale di XXXX, un posto generalmente frequentato da vip, alta società e trenta-quarantenni che semplicemente vorrebbero sentirsi parte di qualcosa di importante. Ambiente moderno ma raffinato, baristi che sembrano usciti da una sfilata e dj abbronzato che mette musica che non ascolta nessuno.
Sara è una nostra ex compagna di scuola con la quale io e Giorgia formavamo un trio inossidabile e che ora vive a Londra. Per via di una qualche parentela nobile ha ereditato, oltre ad un sacco di soldi, dei modi un po’ da contessa (soprannome che le è rimasto fino ad oggi) se non fosse che è di gran lunga la più ninfomane tra tutte le mie amiche. Fin dai tempi del liceo, infatti, una delle sue più grandi fissazioni era quella di riuscire a capire le dimensioni degli attributi maschili da una semplice occhiata. Ogni giorno arrivava con una nuova teoria, la grandezza delle mani, l’altezza, le spalle, addirittura l’espressione del volto o il carattere. E il bello è che il più delle volte ci prendeva davvero, probabilmente per una sorta di innato sesto senso.
Il motivo per cui Sara mi ha trascinata qui è un tipo che lavora in questo posto, uno che ha conosciuto in rete di cui vorrebbe sbarazzarsi.
Sedute ad uno dei tavoli migliori, su un soppalco che offre una panoramica perfetta del locale, ci guardiamo intorno mentre aspettiamo di ordinare. Sara si è fatta i capelli rossi e indossa un elegante long dress blu cobalto di Roberto Cavalli che le mette in risalto il suo seno da sempre prorompente e che potrebbe costare come lo stipendio di un primario. Io ho una camicetta chiffon smanicata con gonna corta, scarpe aperte con tacco e capelli raccolti in alto da uno chignon tenuto su con bacchetta giapponese.
Mentre sorseggia il suo martini come se fosse in un locale della city Sara mi fa un cenno per indicarmi il suo tipo al bancone: un bel ragazzo di colore, con un fisico atletico e un viso che ricorda Tyson Beckford.
Dopo averlo esaminato annuendo in segno di approvazione non posso fare a meno di chiederle
– E quindi? Qual’è il problema? – escludendo a priori il carattere dato che si stava parlando di sesso e non di ricerca dell’Amore Eterno.
Tenendo il sottile calice per portarlo alla bocca Sara solleva il mignolo come una sorta di segnale e mi lancia un’occhiataccia mentre manda giù il suo drink
– Oouh – realizzo di colpo e condivido la portata del dramma con uno sguardo sofferto. Poi però aggiungo subito – Aspetta, ma… com’è possibile? Voglio dire… –
Lei mi interrompe – …che un nero sia minidotato? A quanto pare è possibile –
Allarga le braccia con l’espressione rassegnata del “capitano tutte a me” ma malgrado la tragedia (perché E’ una tragedia) non riesco a non scoppiare a ridere, divertita dal bizzarro scherzo del destino, ed è proprio in quel momento che sentiamo un – Eccomi! – e vediamo Giorgia arrivare trafelata come se avesse corso la maratona di NY in tacchi a spillo.
– Di che si parla? – ci chiede riprendendo fiato e sistemandosi per sedersi
– Microcazzi – dico come fosse il tema di una lezione universitaria
– Ooh – mi risponde complice – e di quale esemplare stiamo parlando? –
Sara indica il tipo a Giorgia e come un deja vu sembra ripetersi la stessa scena di prima.
Giorgia lo studia attentamente e poi guardandoci con aria interrogativa
– Ma… Ma è… è… –
– Sì – taglia corto Sara – è nero ed è minidotato –
Giorgia si volta verso di me con la faccia da bambina curiosa come a dire – ma è possibile una cosa del genere?? –
– Comunque – mi rivolgo alla Contessa – Se in chat ha mentito sulle dimensioni hai tutto il diritto di recesso di questo mondo –
– Eh no, è questo il punto – spiega – Lui in realtà non ha mai menzionato l’argomento… sono io che l’ho dato per scontato facendomi fregare dall’aspetto –
– Grave errore – aggiunge Giorgia sgranocchiando delle patatine
– Nonono ragazze, errore un cazzo! – alzo l’indice in tono severo – Quando si cerca, Sara perdona l’espressione, da scopare su un social bisogna essere onesti e il nostro Tyson Beckford dei poveri non può approfittarsi del fatto di essere nero per lasciar intendere mirabolanti dimensioni e fregare povere fanciulle indifese. Così è pubblicità ingannevole! –
– E cosa dovrebbe fare… – Giorgia manda giù il boccone – …mettere nel profilo NERO* con l’asterisco come a dire Attenzione in realtà ce l’ho lungo… – si volta sussurrando verso Sara – …a proposito quanto ce l’ha lungo? –
La Contessa tira fuori il rossetto dalla borsa – Poco più di così… – e prima che potessimo chiederlo aggiunge – …da duro –
– Oooh – sospira Giorgia prendendo lo stick con l’espressione commossa come se si trattasse del cucciolo più tenero del pianeta – Che carino, guarda sta tutto in una mano – mentre chiude il pugno facendolo scomparire.
– Già, proprio un amore – risponde Sara ironica – ti ricorda quello di Cazzettino? –
Dovete sapere che Cazzettino, soprannominato così per ovvie ragioni, era stato un fidanzato di Giorgia ai tempi del liceo, un tipo un po’ punk che suonava la batteria. La cosa interessante è che malgrado il sesso con lui fosse un disastro, lei aveva maturato una sorta di feticcio perverso per il suo sfortunato pisellino. Ogni giorno arrivava in classe e ci raccontava i nuovi giochini divertenti che aveva inventato ispirata dalle sue dimensioni: lo faceva muovere e parlare come fosse un simpatico vermetto, lo vestiva da bambolina o lo faceva venire semplicemente accarezzandolo o infilandoselo tra le dita dei piedi. Tutte cose che nella sua testa avrebbero dovuto risultare carine o affettuose ma che in realtà suonavano come le più umilianti immaginabili facendoci domandare se in realtà non ci fosse un tacito gioco sadomaso sotto perché il povero Cazzettino potesse sopportare tutto questo.
Giorgia con aria quasi romantica sta iniziando a rievocare questi momenti ma viene subito fermata da Sara – Ho dovuto cambiare paese e fare tre mesi di sedute dallo psicologo per riuscire a dimenticare questi racconti, non voglio sentire! – tappandosi le orecchie mentre noi ridiamo divertite.
Arriva il secondo giro di drink, un mojito per Giorgia, uno per me e un vodka martini per la Contessa. Il dj ha messo un pezzo dei Massive Attack, uno di quelli cupi che piacciono tanto alla nostra amica dai gusti dark – Mmmh, stupenda sta canzone! – con la bocca piena e lo sguardo già perso nella musica.
Sara mi guarda come per dire “ecco, l’abbiamo persa”, poi mi chiede
– Alex, a te non è mai capitato? –
A queste parole Giorgia quasi si soffoca col drink e per poco non ci sputa tutto addosso mentre cerca invano di trattenere le risate
– Certo che le è successo! – mi prende per un braccio – Ti prego raccontalo, ti prego! –
Scuoto la testa seriamente decisa a non ripercorrere quella storia e così Giorgia – Ok, lo racconto io: devi sapere che quando andavamo al mare c’era un tipo un po’ strambo che stava sempre addosso ad Alex, non so che problemi avesse… diciamo che non aveva tutte le rotelle a posto.
Insomma questo ragazzo che chiamavamo Il Maniaco aveva l’abitudine ogni tanto di… tirarlo fuori. Cioè non era cattivo o pericoloso in realtà, era solo estremamente ma estremamente fastidioso. – beve un sorso di Mojito e continua – E un giorno Alex si è stufata e gli ha detto qualcosa tipo di far sparire, anzi no, di rinchiudere a chiave quel lombrico patetico dato che nessuna ragazza sana di mente avrebbe mai avuto il coraggio di prenderlo in mano –
La Contessa finisce di bere – Mmh… e quindi? – aspettandosi un finale di qualche tipo.
Giorgia mi guarda come a dire – dillo tu – e io controvoglia concludo
– Beh… qualche giorno dopo era morto –
Sara spalanca gli occhi – Come sarebbe “morto”? –
– L’avevano trovato in casa, si era suicidato, non so come –
La Contessa ci guarda con gli occhi sbarrati non sapendo se ridere o piangere – Ma… ma è una storia tremenda! –
– Infatti – concordo ridacchiando amaramente mentre Giorgia con la faccia sul tavolo sta soffocando dal ridere.
– Vedi – dico a Sara – E poi sarei io la stronza… –
Giorgia alza la testa asciugandosi le lacrime mentre continua a ridere – No dai, il maniaco traumatizzato a morte da Alex è troppo… ahah non ce la faccio! –
Dopo esserci ricomposte, ormai in procinto di uscire, ecco arrivare finalmente il nostro Tyson Beckford che saluta gentilmente la Contessa, si presenta e ci chiede premuroso se abbiamo bisogno di altro. Io e Giorgia chiediamo due caffè ristretti e il tipo commette il più grosso errore della sua vita, chiedendoci – Quanto ristretti? –
Ci guardiamo complici mentre Sara, che ha già capito, sta iniziando a farci – No no – con la testa. Ci voltiamo verso di lui alzando il mignolo e a tempo rispondiamo
– Così! –