C’era una volta una Stronza in Canadà #12 – Sogni

Prendo coscienza dopo un lungo sogno fatto di ricordi e immagini di una delle peggiori serate della mia vita.
Sono avvolta dall’oscurità.
Dove mi trovo?
Cerco di alzarmi, provo a muovermi ma il mio corpo non risponde. Più precisamente, il mio corpo non c’è più, è sparito. O forse c’è ancora, da qualche parte, ma non riesco a percepirlo.
Sono… morta?
Ma no Alex, non si muore per un taglietto del cazzo.
Capisco di essere in quella specie di dormiveglia in cui mentalmente inizi ad essere cosciente ma fisicamente sei ancora immobilizzata dal sonno.
Il solito falso risveglio, odio quando succede.
E adesso che faccio?
Potrei cercare di alzarmi con la forza, cercando di muovermi o di urlare, ma è una cosa che non mi piace per niente…
Oppure posso aspettare… magari continuare a sognare…
No, al diavolo, voglio chiamare Coraline.
Cerco con tutte le forze di emettere un suono, qualcosa che mi faccia aprire gli occhi ma è come se la mia gola fosse soffocata dall’interno e per quanto mi sforzi non riesco a far uscire la voce.
Uffa, questa volta è più difficile del solito. Probabilmente sono ancora in una fase di sonno troppo profonda… Fanculo, non mi resta che aspettare…
Cerco di pensare a qualcosa di piacevole.
Ecco, se potessi fare uno di quei sogni meravigliosi… quelli in cui sei consapevole di stare sognando e puoi fare tutto quello che vuoi…

Come in un cambio di scena, l’oscurità intorno a me si dirada e di colpo sto salendo la scala mobile di un affollato centro commerciale. Le dimensioni sono quelle di un Walmart ma è tutto molto più lussuoso, esclusivo e kitsch. Balconi, palme, statue, fontane, auto sportive in esposizione. Non sono mai stata a Dubai ma è così che immagino gli shopping mall da quelle parti.
Un sorriso mi si disegna sul volto, esco dalla scala mobile e mi dirigo decisa verso una gigantesca pasticceria dall’aspetto di una gioielleria. La lunga fila di clienti sta aspettando il proprio turno dietro ad una grassona riccia e petulante. Senza dire niente le passo davanti, alzo la vetrina, afferro una manciata di bignè al cioccolato e me li caccio in bocca tutti insieme.
Dio dei Sogni, ti ringrazio ovunque tu sia…
La commessa rimane di sasso mentre la folla inizia a mormorare indignata. Mi volto e vedo una coppia di fidanzatini intenta ad esaminare una gigantesca torta nuziale alla panna. Chiudo gli occhi in un sospiro e mi lancio a stuprare la torta infilandoci le mani dentro.
– Stai calma cara, dev’essere una drogata – sussurra il giovane yuppie.
Ne mangio qualche boccone, me la spalmo in bocca davanti alla folla ammutolita, poi la sollevo e la scaravento contro il muro spiaccicandola.
Sono eccitatissima. Mi tolgo i tacchi e inizio a correre scalza verso il reparto di articoli sportivi. Provo un paio di mazze da golf, scelgo un Ferro 5 modello “Tiger Woods”, un cappellino, un paio di grandi occhiali da sole arancioni ed esco soddisfatta accompagnata dal suono dell’allarme.
Entro da Swarovski e mi sistemo di fronte ad un espositore di cristallo per orecchini. Estraggo la mazza e mi metto in posizione, concentrata come se fossi ad un Par 3 di una finale di torneo.
Ho sempre sognato di farlo…
Sto per far partire il colpo pregustandomi l’esplosione quando vengo interrotta da una voce:
– Ferma, che stai facendo?!
Mi blocco di scatto e per un attimo ho davvero paura di essermi cacciata nei guai. Poi mi ricordo che sono in un sogno, nel Mio sogno. Mi volto, guardo la commessa e mi rendo conto che non è una commessa qualsiasi: è Emma Watson vestita da commessa.
Oh sì sì sì…
La santarellina di Harry Potter si avvicina bisognosa e mi confida
– Alessandra, sono così triste… ho litigato col mio capo e il mio ragazzo mi ha lasciata perché dice che non sono brava a fare la zuppa inglese. Ti prego, potresti prendermi a schiaffi sul sedere?
Senza farmelo ripetere la faccio chinare contro il bancone, le alzo la gonna e le mollo un ceffone talmente forte da farla urlare. Le infilo una mano nelle mutandine e la tiro fuori: è completamente fradicia. Inizio a scoparla da dietro con due dita mentre le tiro i capelli. Davanti a noi alcuni passanti si fermano ad osservare di nascosto, le coppiette tirano dritto cercando di fare finta di niente e un ragazzino occhialuto se lo sta palesemente menando attraverso la tasca dei pantaloni.
Col viso rosso per l’imbarazzo e l’eccitazione, l’inglesina tutta impegno sociale gode abbaiando come una cagnetta e piagnucolando – Alessandra ti supplico, fammi leccare le tue ascelle, fammi leccare le tue ascelle…
Divertita, le prendo una mano e me la metto tra le gambe. Guardo le sue dita lisce e smaltate di nero farsi strada per infilarsi nei miei slip.
Dio, non farmi svegliare adesso…
Cerco di godermi la scena per riuscire a venire ma inizio a percepire qualcosa di strano nell’aria, come un cambio di atmosfera.
Le luci si abbassano e i rumori vengono soffocati da un silenzio innaturale. L’intero centro commerciale è diventato improvvisamente tetro e deserto. Abbasso lo sguardo e non riesco a trattenere un grido di terrore: il braccio di Emma è completamente coperto di orribili tagli.

– Non lo sapevi? – la sento ridacchiare – Anch’io sono un mostro come te.

Mi allontano di scatto, col cuore in gola. Lei si gira e l’ultima cosa che vedo è il volto spaventoso di una vecchia senza occhi.
– NO!

Sono di nuovo al buio, da sola.
Che cazzo di incubo…
Cerco di fare mente locale sulla situazione.
Sono sveglia?
No, sto ancora dormendo.
Basta, adesso provo a svegliarmi sul serio.
……….
Niente da fare.
Inizio a farmi alcune domande.
Che ore saranno? Da quanto tempo sto dormendo?
Sembra passata un’eternità… o forse no… considerata la natura dei sogni potrebbero essere anche pochi minuti, addirittura secondi… Almeno così dicevano in quel film con DiCaprio che piaceva tanto a Coraline… com’è che si chiamava?
Piano piano mi arrendo e mi lascio nuovamente trasportare dal flusso del sogno che sta iniziando.
Cosa sarà questa volta? …forse qualcosa di allegro… o di romantico… speriamo non sia di nuovo un incubo… cazzo, ho ancora addosso quell’orribile sensazione… vaffanculo Emma Watson.

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